La storia
La Scuola della Carità era una delle più importanti ed antiche confraternite laicali di Padova, ed amministrava i lasciti destinati al soccorso di infermi e poveri, a dotare le fanciulle e ad altre opere di bene. Ricordata fino dal Quattrocento era tuttavia più antica, come si arguisce dal fatto che la consorella di Venezia, era ricordata già dal XIII secolo.
Nel 1419 troviamo la Scuola provvisoriamente alloggiata nelle immediate vicinanze del più importante ospedale di Padova, quello di S. Francesco Grande, mentre fervevano i lavori di costruzione dell’ospedale stesso, della chiesa e del convento dell’Osservanza, lavori finanziati dai ricchissimi coniugi Baldo Bonafari da Piombino e Sibilla de Cetto, padovana, che abitavano nelle case di fronte, dove poi sorse l’edificio della Scuola.
Baldo Bonafari fu consigliere di Francesco Novello da Carrara e suo “vicario” dei beni nei territori di Anguillara e Oriago. Aveva sposato la pia Sibilla, già vedova del giureconsulto Bonaccorso Naseri da Montagnana, morto in carcere a Padova per il sostegno dato a Gian Galeazzo Visconti, nemico dei Carraresi.
Si deve ritenere che, alla morte di Sibilla, avvenuta nel 1421, a pochi anni di distanza dalla morte del marito, le case di loro proprietà passassero alla Scuola, per acquisto o per cessione degli esecutori testamentari.
Circa un secolo e mezzo dopo, questo locale doveva essere cosi inadeguato alle cresciute esigenze, che si ritenne necessario un radicale lavoro di restauro. Aperte le nuove finestre, che lo inondarono di luce, costruito un nuovo splendido soffitto a cassettoni, decorate le pareti con un nuovo ciclo di affreschi illustranti i fatti della Vergine, l’ambiente dovette apparire veramente risorto. Le pareti erano state in precedenza affrescate da un ignoto pittore che vi aveva dipinto quindici riquadri, i quali vennero fatti restaurare nel 1530 da Girolamo Dal Santo. Tracce della vecchia decorazione sono ancora visibili nella fascia sottostante i ritratti dei coniugi Bonafari.
Gli affreschi della Sala della Carità
Negli anni 2005-2008 la Sala della Carità, con un magistrale intervento di restauro, viene portata alla sua piena funzionalità e bellezza. All’interno della Sala si nota uno splendido soffitto a cassettoni. Le pareti invece sono affrescate da dodici riquadri che raccontano altrettanti episodi della vita della Vergine, opera composta da Dario Varotari nel 1579, che iniziano con la Cacciata di Gioacchino dal Tempio per concludersi con l’Assunzione di Maria.
Un tredicesimo affresco, dipinto sulla parete sud, contiene i ritratti di Baldo Bonafari e Sibilla de Cetto.
Disposizione e descrizione degli affreschi
Cacciata di Gioacchino dal tempio
La scena è dominata dalla figura allungata e severa del gran sacerdote Ruben che, accanto all'ara cilindrica rossa, sulla quale arde da un elegante braciere il fuoco del sacrificio, allontana con ampio gesto l'infecondo Gioacchino e la sua offerta.
La qualità dei colori rivela l'origine veronese della cultura pittorica del Varotari, con una scelta di cromatismi intensi e forti, che si adattano alla tradizione padovana di Stefano Dall'Arzere.
Sono rintracciabili inoltre elementi dal punto di vista formale di origine veneziana, del Tiziano e del Tintoretto
Annuncio dell'angelo a Gioacchino
E' la scena più complessa del ciclo.
Gioacchino viene raffigurato nell'atto di sacrificare e nello stesso tempo ricevere il messaggio dell'angelo.
L'abilità del Varotari di dipingere animali e le sue considerevoli doti paesaggistiche sono attestate dal riquadro.
Curioso l'obelisco mozzo in cotto, a sinistra dell'albero, ed interessanti sono le costruzioni architettoniche nello sfondo dietro al pastore seduto.
Un fatto di ordine stilistico: è una curiosa incongruenza il modo in cui sono trattati gli animali, il pastore, il paesaggio e le figure di Gioacchino e dell'angelo.
Incontro di Gioacchino con Anna alla porta d'oro
Qui il Varotari dà saggio delle sue qualità di paesaggista e di disegnatore di animali, oltre che di gustoso disegnatore di motivi architettonici. La figura di Gioacchino è piuttosto tizianesca la donna all'estrema destra, che impersona la carità, ricorda il Veronese.
Natività della Vergine
Il Varotari mostra qui la sua abilità di compositore in un interno, distribuendo con equilibrio figure ed oggetti. Da notare la bella incorniciatura di pietra della porta aperta nel fondo, l'alta finestra con bella vetrata e la culla con i sostegni a grandi volute, tra le quali fa capolino con diffidenza la testa di un gatto.
Presentazione di Maria al tempio
La composizione presenta un'impostazione ascendente in diagonale. Protagonista la piccola figura della Vergine giovinetta in posa patetica e con elegante svolazzo manieristico della mantelletta rosa. Reminiscenze tizianesche e tintorettiane si mescolano anche qui ad altri elementi della cultura del tempo.
Ritratti di Baldo Bonafari e Sibilla de Cetto
L'affresco sulla parete sud contiene i ritratti di Baldo Bonafari e Sibilla de Cetto a figura intera, inginocchiati in luogo aperto; nello sfondo si vedono l'Ospedale, la Chiesa e il Convento di San Francesco.
Presentazione della verga fiorita
Anche qui il Varotari dà prova di notevole abilità nel comporre molte figure inserite in un luogo chiuso. Sopra un alto podio di marmo rosso il sacerdote Zaccaria lega i due gruppi di destra e di sinistra. In quello di sinistra è notevole la figura semi nuda in ombra. Va rilevato, dietro la figura di Giuseppe, nello sfondo il rudere di una antica costruzione romana trattato con un tocco assai fine.
Matrimonio della Vergine
Riquadro ben composto ma con figure schematiche e manierate (in primo piano) accanto ad altre eseguite con impegno (Giuseppe, Maria e il gruppo di donne a destra). Ritroviamo il consueto uso di pesanti tonalità nei limiti di un modellato rigido, dai quali si stacca la figura della donna all'estrema destra, rappresentata con una notevole scioltezza e libertà da schemi disegnativi e plastici.
Annunciazione
Uno dei riquadri meno felici, anche se l'alterazione di certe tonalità ha in parte contribuito a renderlo tale. Interessanti comunque alcuni suppellettili: l'inginocchiatoio, la seggiola impagliata, la clessidra, sopra il leggio accanto al libro e il cestello di vimini intrecciati.
Visitazione
La zona in luce con il bel tempio bianco allineato sulla stessa direttrice in diagonale del colonnato, il paesaggio collinoso (molto danneggiato), il palazzo col porticato e la figura di Giuseppe con l'asinello costituiscono la parte più felice del dipinto; La figura di Giuseppe trattata con delicatezza a punta di pennello non sembra nemmeno dello stesso pittore che dipinse le figure pesanti con i soliti panni dalle pieghe cartacee che stanno sotto portico.
Morte di San Giuseppe
Forse uno dei migliori dipinti della serie: l'artista realizza un'opera in cui la drammaticità del momento è ottenuta proprio utilizzando quei colori intensi, pesanti, qui addirittura cupi, che altrove riuscivano inadeguati ai fini espressivi. L'angelo librato in alto in mezzo alla stanza buia irradia la sua luce spettrale, che colpisce gli oggetti circostanti con effetti notturni affini a quelli usati dal Tintoretto.
Dormizione della Vergine
La scena è volutamente priva di drammaticità, l'artista voleva indubbiamente improntare ad un ben diverso spirito: di solenne e malinconica pace. Notevoli le incorniciature marmoree della porta e della finestra, di una fredda bellezza per l'efficacia con cui è reso il senso della dura materia lavorata.
Presentazione della verga fiorita
Anche qui il Varotari dà prova di notevole abilità nel comporre molte figure inserite in un luogo chiuso. Sopra un alto podio di marmo rosso il sacerdote Zaccaria lega i due gruppi di destra e di sinistra. In quello di sinistra è notevole la figura semi nuda in ombra. Va rilevato, dietro la figura di Giuseppe, nello sfondo il rudere di una antica costruzione romana trattato con un tocco assai fine.
I cinque affreschi della parete est
Cacciata di Gioacchino dal tempio
La scena è dominata dalla figura allungata e severa del gran sacerdote Ruben che, accanto all’ara cilindrica rossa, sulla quale arde da un elegante braciere il fuoco del sacrificio, allontana con ampio gesto l’infecondo Gioacchino e la sua offerta.
La qualità dei colori rivela l’origine veronese della cultura pittorica del Varotari, con una scelta di cromatismi intensi e forti, che si adattano alla tradizione padovana di Stefano Dall’Arzere.
Sono rintracciabili inoltre elementi dal punto di vista formale di origine veneziana, del Tiziano e del Tintoretto.
Annuncio dell'angelo a Gioacchino
E’ la scena più complessa del ciclo.
Gioacchino viene raffigurato nell’atto di sacrificare e nello stesso tempo ricevere il messaggio dell’angelo.
L’abilità del Varotari di dipingere animali e le sue considerevoli doti paesaggistiche sono attestate dal riquadro.
Curioso l’obelisco mozzo in cotto, a sinistra dell’albero, ed interessanti sono le costruzioni architettoniche nello sfondo dietro al pastore seduto.
Un fatto di ordine stilistico: è una curiosa incongruenza il modo in cui sono trattati gli animali, il pastore, il paesaggio e le figure di Gioacchino e dell’angelo.
Incontro di Gioacchino con Anna alla porta d'oro
Qui il Varotari dà saggio delle sue qualità di paesaggista e di disegnatore di animali, oltre che di gustoso disegnatore di motivi architettonici. La figura di Gioacchino è piuttosto tizianesca la donna all’estrema destra, che impersona la carità, ricorda il Veronese.
Natività della Vergine
Il Varotari mostra qui la sua abilità di compositore in un interno, distribuendo con equilibrio figure ed oggetti. Da notare la bella incorniciatura di pietra della porta aperta nel fondo, l’alta finestra con bella vetrata e la culla con i sostegni a grandi volute, tra le quali fa capolino con diffidenza la testa di un gatto.
Presentazione di Maria al tempio
La composizione presenta un’impostazione ascendente in diagonale. Protagonista la piccola figura della Vergine giovinetta in posa patetica e con elegante svolazzo manieristico della mantelletta rosa. Reminiscenze tizianesche e tintorettiane si mescolano anche qui ad altri elementi della cultura del tempo.
L’affresco della parete sud
Ritratti di Baldo Bonafari e Sibilla de Cetto
L’affresco sulla parete sud contiene i ritratti di Baldo Bonafari e Sibilla de Cetto a figura intera, inginocchiati in luogo aperto; nello sfondo si vedono l’Ospedale, la Chiesa e il Convento di San Francesco.
I cinque affreschi della parete ovest
Presentazione della verga fiorita
Anche qui il Varotari dà prova di notevole abilità nel comporre molte figure inserite in un luogo chiuso. Sopra un alto podio di marmo rosso il sacerdote Zaccaria lega i due gruppi di destra e di sinistra. In quello di sinistra è notevole la figura semi nuda in ombra. Va rilevato, dietro la figura di Giuseppe, nello sfondo il rudere di una antica costruzione romana trattato con un tocco assai fine.
Matrimonio della Vergine
Riquadro ben composto ma con figure schematiche e manierate (in primo piano) accanto ad altre eseguite con impegno (Giuseppe, Maria e il gruppo di donne a destra). Ritroviamo il consueto uso di pesanti tonalità nei limiti di un modellato rigido, dai quali si stacca la figura della donna all’estrema destra, rappresentata con una notevole scioltezza e libertà da schemi disegnativi e plastici.
Annunciazione
Uno dei riquadri meno felici, anche se l’alterazione di certe tonalità ha in parte contribuito a renderlo tale. Interessanti comunque alcuni suppellettili: l’inginocchiatoio, la seggiola impagliata, la clessidra, sopra il leggio accanto al libro e il cestello di vimini intrecciati.
Visitazione
La zona in luce con il bel tempio bianco allineato sulla stessa direttrice in diagonale del colonnato, il paesaggio collinoso (molto danneggiato), il palazzo col porticato e la figura di Giuseppe con l’asinello costituiscono la parte più felice del dipinto; La figura di Giuseppe trattata con delicatezza a punta di pennello non sembra nemmeno dello stesso pittore che dipinse le figure pesanti con i soliti panni dalle pieghe cartacee che stanno sotto portico.
Morte di San Giuseppe
Forse uno dei migliori dipinti della serie: l’artista realizza un’opera in cui la drammaticità del momento è ottenuta proprio utilizzando quei colori intensi, pesanti, qui addirittura cupi, che altrove riuscivano inadeguati ai fini espressivi. L’angelo librato in alto in mezzo alla stanza buia irradia la sua luce spettrale, che colpisce gli oggetti circostanti con effetti notturni affini a quelli usati dal Tintoretto.
I due affreschi della parete nord
Dormizione della Vergine
La scena è volutamente priva di drammaticità, l’artista voleva indubbiamente improntare ad un ben diverso spirito: di solenne e malinconica pace. Notevoli le incorniciature marmoree della porta e della finestra, di una fredda bellezza per l’efficacia con cui è reso il senso della dura materia lavorata.
Assunzione
La Vergine riappare secondo il modulo allungato presente nel rilievo davanti al quale pregano i coniugi Bonafari. Il tipo della Madonna non è né tizianesco, né veronesiano, né tintorettiano; sembra attinto piuttosto, anche questa volta, alla pittura tosco-emiliana.
La pala della Vergine con Bambino
Sulla parete nord, tra gli affreschi della Dormizione e dell’Assunzione, è presente una copia della Pala della Vergine con Bambino, di autore ignoto, in stile gotico internazionale.
Similitudini con i quadri di Giotto nella Cappella degli Scrovegni
Un ciclo pittorico dedicato agli episodi della vita di Maria è stato realizzato da Giotto nella cappella degli Scrovegni nei primi anni del 1300.
Di seguito le corrispondenze con le Storie della vita della Vergine della Sala della Carità.