La Cittadella - San Francesco Grande - Padova

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IL CONVENTO
 
La Cittadella Francescana rinasce capitale di "carità e di cultura"
 
(tratto da Difesa del Popolo 2 febbraio 2014)
 Non erano certo anni tranquilli quelli, all'inizio del 15° secolo, per la città di Padova. Dopo essere stata conquistata dai Visconti e quindi ripresa dopo due anni dall'ultimo Carrarese, aveva infine ceduto le armi, nel 1405, alla Serenissima. Un cambio di guardia non proprio indolore.
 Quella che si era consegnata ai veneziani era una città spossata da guerre e pestilenze, deteriorata nelle attività economiche e falcidiata nella popolazione, passata in pochi decenni da 34 a 17 mila abitanti. Questa è la situazione quando, il 25 ottobre 1414, l'arciprete della Cattedrale Bartolomeo degli Astorelli in quanto priore del collegio dei dottori di Padova pose la prima pietra di un grande ospedale che doveva sorgere in contrada Santa Margherita. L'ampio complesso sarebbe stato costruito, assieme a una chiesa, un convento appositamente realizzato, primo nel Veneto, per accogliervi i Francescani dell'Osservanza, popolarmente detti "Zoccolanti", una famiglia religiosa nascente che si proponeva di far rivivere con più fedeltà lo spirito dell' Assisiate tra i Minori.
 Anima di quest'ambiziosa opera caritativa, una coppia di coniugi il cui cospicuo patrimonio era passato quasi indenne tra i cambi di potere e che aveva abbracciato con convinzione, forse come rifugio dalle precarietà dell'esistenza terrena, gli ideali di sobrietà e solidarietà verso gli ultimi proposti dal modello francescano.
Alla storia del convento di San Francesco Grande sarà dedicato il primo di una serie di quattro incontri culturali organizzati nell'ambito delle celebrazioni per il centenario del ritorno dei frati dopo la soppressione napoleonica: il 6 febbraio alle 21 nella sala della Carità, Silvana Collodo, docente di storia medievale all'università di Padova, parlerà dei primi secoli di vita del complesso monastico e ospedalieri, mentre il 6 marzo il docente e giornalista Patrizio Zanella tratterà de "La carità nelle opere dei frati a San Francesco", con particolare riferimento all'ultimo secolo. Il 5 giugno la docente universitaria Giovanna Baldissin illustrerà "L'arte e la cultura nel complesso della Cittadella francescana". Infine il 2 ottobre il giornalista Francesco Jori sarà moderatore di un incontro sull'attualità del francescanesimo a Padova. Il programma storico artistico troverà completamento in una serie di concerti, una mostra fotografica, allestita nella sala della Carità a partire da ottobre, e in un fascicolo commemorativo.
Ma torniamo alle origini della Cittadella francescana. Di ragioni per lasciare le cure terrene e di rivolgersi alle "cose del Padre" i due fondatori, privi di eredi diretti, ne avevano molte, entrambi: il marito, Baldo Bonafari, originario di Piombino, era stato referendario e consigliere dell'ultimo Carrarese, Francesco Novello. Alla caduta, della signoria era stato trattenuto al confino a Venezia fino al 1413, quando la Serenissima perdonò tutti gli esiliati padovani. AI rientro a Padova trovava ad accoglierlo la consorte, Sibilia Cetto, che aveva sposato nel 1391 dopo che il Carrarese le aveva impiccato il primo marito, Bonaccorso Naseri, suo ex consigliere, reo di aver sostenuto Gian Galeazzo Visconti quando nel 1388 aveva conquistato Padova.
Come detto all'inizio, le condizioni economiche di Padova erano disastrose e c'era davvero bisogno di un luogo in cui dare accoglienza non solo ai malati. ma anche ai tanti indigenti rimasti privi di sostentamento.
Venne naturale associare all'ospedale una chiesa e un convento per accogliere i frati che avrebbero dato conforto ai poveri e agli infermi ricoverati. La scelta dei Francescani dell'Osservanza fu forse favorita dalla prima predicazione a Padova, proprio nel 1413, di Bernardino da Siena, uno dei fondatori della nuova congregazione che sarà giuridicamente riconosciuta nel concilio di Costanza il 9 ottobre 1415. Arrivarono in quegli anni le autorizzazioni vescovili e pontificie al loro insediamento, mentre procedevano i lavori della prima chiesa, più piccola dell'attuale, realizzata in forme romaniche. Dapprima si trattò di una minuscola comunità, di tre o quattro persone, ma rapidamente il convento padovano divenne uno dei più importanti dell'Osservanza nel Veneto, tant'è vero che nel 1423 e poi nel 1443, in occasione del capitolo generale dei Minori. ospitò ancora san Bernardino da Siena.
Poiché una delle norme più qualificanti dell'Osservanza era la rinuncia rigorosa alla proprietà di edifici e alle rendite fisse, in nome di un'adesione volontaria alla povertà evangelica, la proprietà della chiesa e del convento non passò alla congregazione, ma rimase all'ospedale, amministrato da un priore di nomina dal collegio dei giuristi. È forse anche questa la ragione per cui a loro non fu affidata direttamente l'assistenza spirituale dei degenti, che era seguita da un chierico secolare il quale diceva messa e amministrava i sacramenti in un oratorio interno all'ospedale stesso. I frati ebbero comunque il permesso di assistere i malati, soprattutto stranieri poiché in comunità c'erano sempre religiosi di varie nazionalità.
Il convento padovano si andava infatti man mano caratterizzando anche per la sua funzione culturale. Non solo accolse i confratelli, numerosi da tutte le parti d'Italia e d'Europa, che intendevano perfezionarsi nell'università patavina, ma divenne sede di uno degli studi più importanti della nuova provincia veneta. Non se ne conosce la data esatta di fondazione, ma nel 1471 risulta già operante: si trattava probabilmente all'inizio di un piccolo studio privato di teologia che si espanse dopo l'ingrandimento del convento, nella seconda metà del 1500.

La scuola teologica di san Francesco Grande godette di una considerazione speciale nel capitolo di Valladolid del 1593 e nel 1634 i superiori lo dichiararono "convento di studio generale'', qualifica che ne sancisce il carattere internazionale e l'elevatezza dell'insegnamento. I lettori venivano designati nei capitoli generali e gli studenti venivano accolti su richiesta dei padri provinciali. Al termine dei corsi si tenevano esercitazioni scolastiche pubbliche nella biblioteca parata a festa, a cui erano invitati anche religiosi di altre comunità; Ie tesi venivano stampate e distribuite agli invitati ai quali si dava facoltà di obiettare.
Almeno tre frati di San Francesco che insegnarono all'università di Padova meritano menzione: padre Agostino Macedo, nato in Portogallo nel 1596, apprezzato lettore di filosofia morale dal 1667 al 1681. Padre Antonio Bianchi, nato a Venezia nel 1630, insegnò metafisica dal 1672 al 1694. Infine padre Michelangelo Carmeli, nato a Cittadella nel 1706, che insegnò lingua latina, greca ed ebraica per vent'anni dal 1745. Fu il fondatore e l'ideatore della preziosa biblioteca di recente restituita alla fruibilità cittadina da un accurato restauro.
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